Domande e risposte utili per le nostre pazienti
Il Coronavirus rappresenta una grande emergenza sanitaria. Il primo caso di polmonite da “Coronavirus disease 2019” (Sars-Cov-2, noto anche come COVID-19) è stato descritto a Wuhan, nella provincia di Hubei in Cina, nel dicembre 2019. Il COVID-19 appartiene alla classe dei Beta-coronavirus e negli ultimi vent’anni altri due Coronavirus hanno determinato una malattia respiratoria severa: il Severe acute respiratory syndrome (SARS-CoV) e il Middle East respiratory syndrome (MERS-CoV).
Il COVID-19 ha un genoma similare per l’80% al SARS e per il 50% al MERS. Questi Coronavirus potrebbero fornirci alcune informazioni circa gli effetti del COVID-19 sulla gravidanza ma, ad oggi, i dati disponibili sono limitati.
COME SI TRASMETTE E COME SI MANIFESTA?
Il COVID-19 si trasmette attraverso il contatto stretto con una persona malata e con “le goccioline del respiro” delle persone infette, chiamate droplets. Letteralmente droplet significa “gocciolina” e in campo epidemico si riferisce alla saliva nebulizzata che, parlando con una persona infetta a distanza ravvicinata, oppure a causa di un colpo di tosse o di uno starnuto, ci raggiunge per via aerea trasmettendoci il virus.
In casi rari il contagio può avvenire attraverso contaminazione fecale.
Il periodo di incubazione è variabile in genere tra 0 e 14 giorni (in media 5-6 giorni). Le manifestazioni cliniche più comuni sono febbre, tosse, mialgia, cefalea e diarrea. Sintomi più severi, come una marcata difficoltà respiratoria e lo sviluppo di una polmonite, hanno richiesto in molti casi il ricovero in terapia intensiva e manovre anestesiologiche invasive. Dai dati della letteratura, la media dei pazienti ricoverati è stata 49-56 anni, per lo più uomini (54-73%): il 32-51% sono asintomatici o paucisintomatici.
QUALI EVIDENZE PER LE DONNE IN GRAVIDANZA?
Ad oggi non ci sono evidenze di trasmissione verticale (da madre a feto) del virus COVID-19. Una serie di casi, pubblicati da Chen e altri, hanno testato liquido amniotico, sangue del cordone ombelicale e latte materno da madri affette da COVID-19 e tutti i campioni sono risultati negativi. Dallo stesso gruppo sono stati testati campioni di placente da madri affette, risultate tutte negative.
Inoltre, non ci sono evidenze che le donne gravide siano più suscettibili all’infezione da Coronavirus. La gravidanza non sembra aggravare il decorso sintomatologico né il quadro della polmonite virale rispetto alle donne non gravide. La letteratura ha descritto 18 casi di donne gravide affette da COVID-19 e le manifestazioni cliniche sono state le stesse della popolazione generale. Attualmente è stato riportato solo un caso di donna con COVID-19 che ha richiesto la ventilazione meccanica a 30 settimane e a cui è stato eseguito un taglio cesareo d’urgenza.
Non ci sono evidenze che suggeriscano un aumento del rischio di aborto precoce e tardivo in relazione al COVID-19. Non ci sono dati disponibili sul rischio di malformazioni congenite quando l’infezione da COVID-19 si ha durante il primo o il secondo trimestre di gravidanza. Sono stati segnalati esiti neonatali avversi, come rottura prematura delle membrane e parto pretermine, in neonati nati da madri affette da COVID-19 ma i rapporti si basavano su casi limitati. Tutti i dati disponibili provengono da donne con casi confermati di COVID-19 che hanno contratto il virus nel terzo trimestre di gravidanza. Come riportato dall’ESHRE (European Society of Human Reproduction and Embryology) non abbiamo ancora chiare informazioni sul possibile effetto dell’infezione sulla gravidanza nelle fasi iniziali.
COSA FARE IN CASO DI SOSPETTTA INFEZIONE IN GRAVIDANZA?
Tutte le donne gravide con un sospetto clinico dovrebbero essere testate per l’infezione COVID-19 utilizzando un test molecolare (RT-PCR) attraverso il tampone nasofaringeo. Le pazienti con una sintomatologia clinica lieve, tale da non richiedere il ricovero ospedaliero, devono eseguire un autoisolamento domiciliare per 14 giorni e rimandare, ove possibilie, visite ostetriche, esami del sangue di routine, ecografia ostetrica per eseguirli al termine del periodo di quarantena.
In caso di taglio cesareo elettivo o induzione del parto programmato, il ginecologo potrebbe valutare la possibilità di procastinarli per minimizzare i rischi d’infezione alle altre pazienti e/o allo staff sanitario. Non vi è indicazione elettiva al taglio cesareo nelle donne affette da infezione da COVID-19 e rimangono valide le indicazioni standard per il taglio cesareo.
…E PER LE COPPIE CHE SEGUONO PERCORSI DI PMA?
Alla luce delle considerazioni fatte, per le gravidanze programmate è raccomandato un approccio precauzionale. Infatti non dobbiamo dimenticare che alcune infezioni da COVID-19 necessitano di ospedalizzazione con cure mediche che prevedono l’uso di farmaci controindicati in gravidanza.
L’ESHRE, in linea tutte le altre società scientifiche di medicina riproduttiva, consiglia per le coppie intenzionate ad avere un bambino o a iniziare un percorso di procreazione assistita di attendere, ove possibile, il termine dell’emergenza.
Inoltre, per quei pazienti che sono già in trattamento per una fecondazione in vitro, suggerisce ove possibile di considerare una gravidanza posticipata con congelamento di ovociti o embrioni per un succcessivo trasferimento embrionario. Alle coppie è stata data la possibilità di completare i trattamenti in corso ma è stato raccomandato, al momento, di non iniziare ulteriori percorsi.